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Anche la consulenza fa reddito previdenziale

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Giovedí 30 Agosto 2012

I professionisti sono tenuti a versare i contributi alla cassa di previdenza di categoria su tutti i redditi riconducibili, anche in senso lato, ai contenuti dell'attività propria della libera professione; esclusi quelli che ne sono del tutto estranei. Seppure riferita a Inarcassa, la Cassa di ingegneri e architetti, la Cassazione sposa, con la sentenza 14684 depositata ieri, un indirizzo interpretativo non uniformemente adottato da altre sentenze della stessa Corte. Si previlegia un concetto di professione che tiene conto dell'evoluzione delle specifiche competenze e delle cognizioni tecniche che le singole professioni subiscono nel tempo per stare al passo con i cambiamenti.
Nel caso specifico, la Corte ha dato ragione a Inarcassa che chiedeva i contributi soggettivi sul reddito percepito da un iscritto a fronte di due attività che per l'iscritto non rientravano nell'oggetto professionale: attività di consulenza Edp e attività di amministratore di una società a responsabilità limitata. Secondo il regolamento della cassa di previdenza, il contributo soggettivo è dovuto dagli iscritti con riferimento al reddito professionale netto prodotto nell'anno. Secondo il ricorrente, il reddito imponibile è solo quello derivante da prestazioni riservate agli ingegneri secondo la tariffa professionale, con esclusione quindi di quelli derivanti da altre attività anche se per le stesse possono essere utilizzate conoscenze tipiche dell'ingegnere.
Su questo punto si concentra l'attenzione della Corte che considera giuridicamente non condivisibile questa tesi. Oltre alle attività riservate, nell'esercizio della professione inteso in senso dinamico e non rigoroso rientra l'esercizio di attività che, seppure non tipizzate, richiedono comunque l'impiego di competenze e di cognizioni tecniche che costituiscono il bagaglio professionale dell'iscritto. L'estraneità della prestazione all'oggetto della professione, che non richiede l'utilizzo di competenze proprie della stessa, deve essere dimostrata. In considerazione del non univoco orientamento della giurisprudenza di legittimità la Corte ha compensato fra le parti le spese .
Di diverso avviso, infatti, è stata più volte la stessa Corte che, anche di recente con la sentenza 1139 del 26 gennaio 2012, ha, invece, ritenuto che l'articolo 21 della legge 6/1981 pone l'obbligo di iscrizione solo per gli ingegneri e gli architetti che esercitano la libera professione con carattere di continuità e, quindi, di effettività, in relazione ai contenuti tipici della stessa, fissati dall'articolo 7 della legge 1395/1923 e dagli articoli 51 e 52 del Rd 2537/1925.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Giovedí 30 Agosto 2012
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